
"Dobbiamo interrogare la gente che prende l'aereo e viaggia nel mondo - continua Bonomi - in modo che torni ad occuparsi di questa città". Si potrebbe partire dalle banche e dalle fondazioni che girano intorno ai grandi istituti di credito. "Noi - interviene Paola Pierri della Unicredit di Milano - non siamo solo la banca di Piazza Cordusio, non possiamo scegliere quale parte di Milano ci piace e quale no. Abbiamo lavorato con Don Colmegna, sappiamo che c'è un percorso da seguire, forse ancora da individuare, senza però distogliere lo sguardo dalla realtà". Un invito rivolto anche alle istituzioni culturali. Risponde Davide Rampello, presidente della Fondazione della Triennale: "Il nostro obiettivo è valorizzare i concetti di meticciato, migrazione e contaminazione, il vero alimento del XI secolo". Reinventare la culture e ripensare anche i meccanismi della finanza, dell'arte e delle fiere. A dirlo il presidente della Fondazione Fiera, Luigi Roth che commenta: "Il rilancio del territorio passa attraverso la condivisione nel rispetto dei ruoli e delle responsabilità. Ma non si può affidare tutto alla 'Casa di carità' di Don Colmegna". Ognuno deve fare la sua parte: cittadini, privato, fondazioni, banche, centri culturali, artisti. Con un obiettivo: ripensare la città. Contro tutte le emarginazioni. "In fondo - ricorda Bonomi - nella città transitano ogni giorno un milione e mezzo di city user e non ci sono problemi. I numeri non sono apocalittici in rapporto a quello che è successo a Opera. Parliamo di 7mila nomadi e 3mila homeless". Dietro le parole, nessuna bandiera, nessun colore politico. Era evidente che tra il pubblico e i relatori non batteva nessun cuore leghista, ma è altrettanto vero che la presenza di politici, giornalisti, abitanti di Opera, religiosi, volontari, imprenditori e rappresentanti di fondazione bancarie all'incontro, organizzato da un giornalista e da un sociologo, ha un significato preciso: esiste una borghesia che di fronte ai fatti di Opera, che comincia a interrogarsi e che promette impegno. E che per un momento "interrompe le pur appassionanti discussioni sul partito democratico",sentendo il bisogno di interrogarsi su cosa stia succedendo ai suoi simili e se non stia usando la sua diversità come valvola di sfogo delle nuove fobie.