Supermarket delle religioni. Le chiese storiche come la protestante, la cattolica, l’ortodossa e l’anglicana non sono sole. Sullo scaffale delle scelte per i fedeli, nuovi movimenti si affacciano e accolgono novelli adepti. Il fenomeno è complesso. In parte dipende da alcune carenze delle vecchie religioni, in parte coinvolge il bisogno umano di costruire la propria identità nell’epoca della globalizzazione caratterizzata da frammentarietà e differenziazione, anche per la spiritualità. Nella sua visita in Brasile, il Papa ha lanciato il monito ai fedeli cattolici: il richiamo ai valori della famiglia è molto sentito e il Family Day del 12 maggio a Roma lo ha dimostrato. Ma non sembra essere sufficiente. Gli islamici sono ormai più dei cattolici e questi diminuiscono, in parte per una questione di natalità, in parte perché i fedeli sono attratti da nuovi movimenti religiosi con un comune denominatore: il richiamo alle origini. Se il fenomeno non è nuovo – i Focolarini e il Rinnovamento dello Spirito sono delle realtà molto consolidate nell’ambito della chiesa cattolica – originale e incalzante è la diffusione di nuovi ministeri nell’ambito della chiesa evangelica, come il ministero Sabaoth, nato a Milano nel 1994. “Più che di chiesa evangelica, noi preferiamo parlare di chiesa evangelicale”, commenta Fabio Ballabio del servizio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi milanese. La differenza è di sostanza; le “evangelical churches” nascono in America solo recentemente e quindi non possono essere assimiliate alla chiesa evangelica tradizionale fondata da Lutero nel 1550. Sono caratterizzate da un “moralismo accentuato”, dall’assenza di sfumature, dalla certezza delle risposte. “Il loro atteggiamento – afferma il pastore della chiesa valdese a Milano, Dorothee Mack – si basa su un’etica rigida. Ai fedeli dicono quello che devono fare, spesso giudicano molto e sono veloci a mettere in discussione la fede degli altri”. Il ministero Sabaoth, come i movimenti pentecostali, pongono particolare enfasi proprio sul dono dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste e riconoscono come fonte primaria della fede solo gli insegnamenti della Bibbia: Antico Testamento (esclusi quelli che i cattolici chiamano libri deuterocanonici e i protestanti libri apocrifi) e Nuovo Testamento. La dottrina di queste Chiese sostiene inoltre la natura missionaria della Chiesa, il sacerdozio universale e l’attesa della seconda venuta di Cristo. Il sacerdozio universale è un aspetto in comune con la chiesa valdese, nata nel lontano 1073 grazie a Pietro Valdo nel solco dei movimenti legati al pauperismo. L’essenzialità e la semplicità sembrano caratterizzare questa comunità di credenti che in tutta Italia conta circa 25mila fedeli. La semplicità è anche una qualità del pastore Dorothee Mack (studi in Germania, poi a Roma, ora a Milano con un marito e due figli). Con lei abbiamo provato a capire il fenomeno della diffusione di nuove chiese. “Ognuno – dice il Pastore – deve vivere la fede a modo suo e quindi non vedo nulla di strano nella nascita di questi nuovi movimenti”. Ma sul successo di questi movimenti la risposta è chiara. “Io credo – continua Dorothee Mack – che conti molto il rapporto stretto che si crea nelle comunità, il rapporto diretto con il Pastore e le indicazioni precise che i fedeli devono seguire, che hanno a che fare con lo stile di vita e che sono piuttosto rigide”. Regole di vita specifiche: sembra essere questo il punto di forza dei movimenti. La debolezza delle altre chiese, o la loro forza a seconda dei punti di vista, è proprio lo spazio che viene lasciato alle valutazioni personali. Il pastore Mack parla di “etica della situazione”. Ad esempio, se per la chiesa cattolica l’aborto è sempre peccato, i valdesi non condannano ma valutano il contesto: se la donna è stata violentata, l’aborto è possibile. Tolleranza zero, invece, per i pentecostali che creano leggi e ordini, ma poi si dichiarano contro gerarchie e sovrastrutture. “I movimenti come il ministero Sabaoth – racconta Ballabio – nascono fuori dalle chiese storiche e si sentono liberi. Liberi nell’organizzazione, eppure rigidamente moralizzanti”. La chiesa cattolica, però, non può ignorare il successo di queste nuove chiese. “Nel libro ‘La terza chiesa’ – continua il rappresentante della diocesi milanese – l’autore Philip Jenkins afferma che nel futuro prevede una diminuzione delle chiese storiche e un aumento dei movimenti pentecostali. Questo non può lasciare i cattolici indifferenti”. Per Ballabio il successo consiste nella capacità che hanno queste chiese di rispondere meglio alle richieste dei fedeli, rappresentate sia da aiuti concreti sia da percorsi spirituali, ovvero dalla ricerca di un contatto “caldo” con la Chiesa stessa. Nella Chiesa cattolica , invece, “non sempre si trova qualcuno che sia disposto a fare da guida spirituale, a risolvere problemi”. Di fronte a questa realtà, è venuta l’ora per i sacerdoti di “interrogarsi e smetterla di vivere fuori dal mondo. C’è bisogno di un cambio di mentalità”.
“Bisognerà studiare nuove forme per il futuro – conclude Ballabio – anche perché siamo di fronte ad una diminuzione delle vocazioni”.
Perché se la fede in sé non ha nulla a che fare con il mercato, non bisogna tuttavia dimenticare che appartiene a uomini e donne diverse, che vivono quotidianità diverse, che cercano risposte e si fermano lì dove le trovano.
martedì 15 maggio 2007
lunedì 14 maggio 2007
Fanatici tra lacrime e canzoni
Generazione di adulatori. Ragazzi affamati di Dio. Il pane quotidiano si chiama Sacre Scritture. Il motto è “aprire il cuore a Gesù”. Sono gli adepti del ministero Sabaoth, un ramo della chiesa evangelica che forma “guerrieri per la battaglia della pace”, come recita il sito dell’organizzazione. Le armi sono la preghiera, le parole e le canzoni. Sul palco domenicale, allestito al teatro delle Erbe, ore 10.30, nel cuore di Milano, a Brera, una schiera di cantanti e musicisti, con bandana e magliette che sponsorizzano la Chiesa, cantano per circa un’ora, prima della predica del pastore. E tra i fedeli ci sono voci note come quella di Ornella Vanoni che nella rivista della Chiesa (“Vivo, the sabaoth magazine”) racconta: “Conosco Gesù da 6 anni e mi sono appena battezzata. Ho aspettato tanto prima di battezzarmi perché non volevo farlo con leggerezza. A luglio ho detto: ‘Sono pronta’ e da quel giorno la mia vita è cambiata perché sono cambiata io. Era questa la mia preghiera: ‘Signore cambiami, apri il mio cuore all’amore’. Il mio cuore adesso è spalancato e sono felice”. Felici sembrano esserlo tutti. Con la Bibbia in mano, piccola o grande in pelle: cento per cento religione. Canti e preghiere, amen alleluia e lacrime. Vengono giù con facilità, durante la celebrazione. All’ingresso del teatro c’è il servizio accoglienza e due banchetti: sulla sinistra si vendono gadget, magliette, cappellini, sulla destra ci sono i dvd. Sono le prediche filmate del pastore, Roselen Boerner Faccio: una trentottenne dai capelli rossi, grintosa, carisma notevole e un sorriso sornione. Con i suoi sermoni, infarciti di battute, ironia e incitamenti, Roselen conquista ogni domenica i cuori dei fedeli. Nata a Campinas, in Brasile, a 19 anni capita in Italia e “Dio le mette nel cuore di rimanere in questa nazione perché ha un’opera per lei”. Quando arriva a Milano Roselen non è sola: con lei c’è Diana Aliotti, una giovane donna che gestisce la libreria della Chiesa e che ha studiato in America. Insieme hanno deciso di fondare nel 1994 il Ministero Sabaoth che si fa conoscere e fa proseliti soprattutto attraverso internet: www.scegligesu.com è il portale con appuntamenti, presentazioni e merchandising. E’ una chiesa moderna e brandizzata: il logo rappresenta un uomo in ginocchio con una spada al fianco destro. E non a caso. “Javel Sabaoth”, le milizie del Dio degli eserciti. “Siamo un popolo di guerrieri – dicono - siamo stati chiamati a combattere contro i dominatori di questo mondo, al fine di conquistare persone e nazioni di Dio”. Nella città meneghina sono circa trecento, divisi in cellule e sottocellule: è l’organizzazione che si sono dati per le preghiere e gli incontri settimanali che si svolgono soprattutto nelle case. “Il pastore sceglie delle coppie – racconta Diana – che formano una cellula di preghiera. A loro volta queste coppie istruiscono altre persone che possono creare una nuova cellula”. Il termine dà l’idea della riproduzione, della moltiplicazione piramidale. Niente nostalgia del passato, né condanna del mondo che resta fuori le porte del teatro - sede momentanea che a fine giugno verrà rimpiazzata da una nuova, ancora da definire - anche se il desiderio di differenziarsi, di “marciare contro corrente”, diventa quasi legge nel momento in cui si decide di “donare tutta la vita a Gesù”. I battesimi ufficiali saranno a giugno, ma già alla fine del culto domenicale il pastore esorta chi è pronto a confessarsi e ad entrare ufficialmente nella chiesa. Due ragazze si avvicinano ai piedi del palco e aspettano che Roselen scenda gli scalini per la benedizione. Si abbracciano, hanno deciso e la loro scelta sarà “per sempre”. Come per le altre religioni protestanti, anche il ministero Sabaoth cerca nella Bibbia le risposte alle domande dell’uomo. Lo fa citando le lettere di Paolo, i Salmi, Samuele e il Vangelo di Giovanni. Dio. Dio c’è sempre, Dio vede in noi il faro che illumina gli altri. La missione e il punto di partenza sono identici: amare Dio e credere in Lui perché solo credendo in Lui troveremo le soluzioni ai nostri problemi. “Non abbiate paura di dimostrare il vostro amore per Gesù”: così il giovane pastore esorta i fedeli, durante la predica. E loro, di paura, non sembrano averne. Soprattutto i giovani, il punto forte di questa chiesa. Ragazzi che vanno a ballare indossando le t-shirt di “scelgo gesù”. “Ieri sera abbiamo monopolizzato la discoteca, abbiamo lanciato magliette, abbiamo preso il microfono del dj, insomma un macello”, racconta una di loro dal palco. Dal linguaggio si capisce: non sono tanto diversi dai coetanei cattolici o atei, anche se non fumano, non eccedono con l’alcool, non dicono parolacce, credono nella famiglia e sono contro l’aborto. Per quanto riguarda il matrimonio “ogni caso va valutato singolarmente – dice Diana – e, infatti, quando un matrimonio non funziona perché c’è un tradimento o c’è violenza noi non rifiutiamo la possibilità del divorzio e siamo vicini a chi decide di separarsi”. Ma niente stravizi per i fedeli. Tra loro ci sono soprattutto artisti, creativi, registi, architetti, cantanti, psichiatri, avvocati, gente economicamente niente male.
E dunque, in definitiva, ci sono tre possibilità. Possiamo continuare ad ignorare Dio come fanno molti, odiarlo come fa qualcuno, oppure riconoscere che il nostro cuore non riposerà mai fino al giorno in cui decideremo di accettare la sua amicizia. Scegli una vita piena di emozioni. Sono queste le conclusioni affidate ai volantini che pubblicizzano la chiesa. Si possono trovare nei bar, nelle tabaccherie, tra le schedine del lotto e i depliant dell’estetista “tre lampade al prezzo di due”. Poi ci sono anche gli adesivi da attaccare alle auto. Il guru della comunicazione Sabaoth, Sergio Mascheroni, è un creativo non da poco, visto che è colui che ha firmato la campagna pubblicitaria “no Martini, no party”. Ma il ministero Sabaoth non è solo questo. C’è “Sos preghiera”, un servizio telefonico che viene gestito da volontari “che hanno provato e sperimentato una profondissima esperienza con Gesù: non solo a livello teorico, ma anche ad un livello praticissimo e profondamente concreto”, assicura il sito dell’organizzazione. Concreti sono i problemi che il servizio mira a risolvere: ad alcuni viene trovato un lavoro, altri possono essere seguiti da una psicologa o possono semplicemente chiacchierare con chi è di turno quel giorno. Tutti, però, possono “ricevere le testimonianze di come Gesù può cambiare una vita”. Ci sono, poi, i viaggi missionari che servono per aiutare popolazioni in difficoltà nell’altra parte del mondo, come ad esempio in Cambogia. Infine, l’arte, la cultura e la formazione con il festival della musica cristiana, la scuola di teatro, quella di danza, i concerti di evangelizzazione, le produzioni cinematografiche e uno studio di registrazione “sabaoth records”, aperto a tutti, per dare l’opportunità a gruppi, cantanti, cantautori e musicisti di realizzare i propri brani cristiani e non, a livelli professionale ma a costi contenuti. E ancora tanta, tantissima preghiera con le serate di lode il lunedì e il giovedì, prima degli studi biblici. La location è insolita: un pub nel cuore della città con un nome che dice tutto: “Le pecore”. “Abbiamo aperto un locale – spiega Diana – perché ci siamo detti: se i giovani non vengono da noi, saremo noi ad andare da loro”. Ma il pub ha anche un altro scopo, molto più ovvio, che è legato all’autofinanziamento della Chiesa. Oltre al 5% sulla dichiarazione dei redditi, il ministero Sabaoth conta sulla beneficenza degli adepti e su tutta una serie di attività collaterali, dalla vendite delle magliette ai concerti, dai dvd ai pranzi sociali. Durante il culto, come per tutte le altre chiese, c’è il momento delle offerte al quale segue quello della “comunione”: un pezzetto di pane azzimo e un sorso di vino distribuito in bicchierini da un vero e proprio servizio d’ordine con tanto di magliette distintive.
La predica di Roselen dura molto, più di un’ora. “Questa volta è andata lunga – afferma a bassa voce Diana Aliotti – in genere è più corta”. Alle tredici il pastore decide che è abbastanza. Saluta sollecitando il ringraziamento a Dio e partono gli applausi e qualche fischio da stadio. Lo stomaco inizia a lamentarsi. “E’ Gesù che decide di farci sentire fame – sostiene con il sorriso sulle labbra una signora di mezza età, bionda ossigenata e rossetto rosso chiaro sbavato – ma prima di andare a mangiare al pub devo parlare con il pastore di un progetto che ho in mente. Ho deciso di presentare canti nuovi e anche delle poesie che verranno raccolte in un libro”. Lo racconta a Roselen che non sembra essere molto convinta. Per il resto è tutto un abbraccio. “Abbraccia chi è seduto vicino e a te e digli di essere felice”, raccomanda durante il culto il pastore, vestito con una camicetta nera, un pantalone marrone e un ciondolo d’acciaio. Parla al microfono per tutto il tempo. Non molla il palco un attimo. Due ore di mani e pugni in alto, salti di gioia, preghiere, lacrime, sudore, alleluia, amen, mormorii di approvazione, occhi chiusi, sguardi rivolti verso l’alto. Tifosi e guerrieri. E la conclusione è affidata ad un sorriso collettivo. Convinto. Perché “dal momento in cui sceglierai Lui, avrà inizio la più bella ed entusiasmante avventura della tua vita”. Se è quello che vuoi.
E dunque, in definitiva, ci sono tre possibilità. Possiamo continuare ad ignorare Dio come fanno molti, odiarlo come fa qualcuno, oppure riconoscere che il nostro cuore non riposerà mai fino al giorno in cui decideremo di accettare la sua amicizia. Scegli una vita piena di emozioni. Sono queste le conclusioni affidate ai volantini che pubblicizzano la chiesa. Si possono trovare nei bar, nelle tabaccherie, tra le schedine del lotto e i depliant dell’estetista “tre lampade al prezzo di due”. Poi ci sono anche gli adesivi da attaccare alle auto. Il guru della comunicazione Sabaoth, Sergio Mascheroni, è un creativo non da poco, visto che è colui che ha firmato la campagna pubblicitaria “no Martini, no party”. Ma il ministero Sabaoth non è solo questo. C’è “Sos preghiera”, un servizio telefonico che viene gestito da volontari “che hanno provato e sperimentato una profondissima esperienza con Gesù: non solo a livello teorico, ma anche ad un livello praticissimo e profondamente concreto”, assicura il sito dell’organizzazione. Concreti sono i problemi che il servizio mira a risolvere: ad alcuni viene trovato un lavoro, altri possono essere seguiti da una psicologa o possono semplicemente chiacchierare con chi è di turno quel giorno. Tutti, però, possono “ricevere le testimonianze di come Gesù può cambiare una vita”. Ci sono, poi, i viaggi missionari che servono per aiutare popolazioni in difficoltà nell’altra parte del mondo, come ad esempio in Cambogia. Infine, l’arte, la cultura e la formazione con il festival della musica cristiana, la scuola di teatro, quella di danza, i concerti di evangelizzazione, le produzioni cinematografiche e uno studio di registrazione “sabaoth records”, aperto a tutti, per dare l’opportunità a gruppi, cantanti, cantautori e musicisti di realizzare i propri brani cristiani e non, a livelli professionale ma a costi contenuti. E ancora tanta, tantissima preghiera con le serate di lode il lunedì e il giovedì, prima degli studi biblici. La location è insolita: un pub nel cuore della città con un nome che dice tutto: “Le pecore”. “Abbiamo aperto un locale – spiega Diana – perché ci siamo detti: se i giovani non vengono da noi, saremo noi ad andare da loro”. Ma il pub ha anche un altro scopo, molto più ovvio, che è legato all’autofinanziamento della Chiesa. Oltre al 5% sulla dichiarazione dei redditi, il ministero Sabaoth conta sulla beneficenza degli adepti e su tutta una serie di attività collaterali, dalla vendite delle magliette ai concerti, dai dvd ai pranzi sociali. Durante il culto, come per tutte le altre chiese, c’è il momento delle offerte al quale segue quello della “comunione”: un pezzetto di pane azzimo e un sorso di vino distribuito in bicchierini da un vero e proprio servizio d’ordine con tanto di magliette distintive.
La predica di Roselen dura molto, più di un’ora. “Questa volta è andata lunga – afferma a bassa voce Diana Aliotti – in genere è più corta”. Alle tredici il pastore decide che è abbastanza. Saluta sollecitando il ringraziamento a Dio e partono gli applausi e qualche fischio da stadio. Lo stomaco inizia a lamentarsi. “E’ Gesù che decide di farci sentire fame – sostiene con il sorriso sulle labbra una signora di mezza età, bionda ossigenata e rossetto rosso chiaro sbavato – ma prima di andare a mangiare al pub devo parlare con il pastore di un progetto che ho in mente. Ho deciso di presentare canti nuovi e anche delle poesie che verranno raccolte in un libro”. Lo racconta a Roselen che non sembra essere molto convinta. Per il resto è tutto un abbraccio. “Abbraccia chi è seduto vicino e a te e digli di essere felice”, raccomanda durante il culto il pastore, vestito con una camicetta nera, un pantalone marrone e un ciondolo d’acciaio. Parla al microfono per tutto il tempo. Non molla il palco un attimo. Due ore di mani e pugni in alto, salti di gioia, preghiere, lacrime, sudore, alleluia, amen, mormorii di approvazione, occhi chiusi, sguardi rivolti verso l’alto. Tifosi e guerrieri. E la conclusione è affidata ad un sorriso collettivo. Convinto. Perché “dal momento in cui sceglierai Lui, avrà inizio la più bella ed entusiasmante avventura della tua vita”. Se è quello che vuoi.
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mercoledì 9 maggio 2007
Consumatori e tutele
Cosa succede se dal tuo computer prenoti una camera d’albergo in Spagna a duecento euro, ma poi arrivato sul posto te ne chiedono trecento? E se compri uno scaldaletto pensando che sia perfetto, ma poi va in fiamme la coperta? Nessun problema. Per risolvere queste disavventure ci sono i Cec. Non sono pillole magiche che fanno sparire la rabbia, ma l’acronimo di Centri europei per i consumatori. Li trovi nei 27 paesi dell’Unione Europea, sono nati per difendere i diritti dei consumatori e funzionano come l’alternative dispute resolution: una forma di conciliazione che risolve le controversie internazionali. Niente tribunali, niente attese lunghissime. Poi ci sono gli eurobarometri: servono a sondare la qualità dei servizi offerti agli utenti, ogni sei mesi, in base alle decisioni e alle strategie della Commissione europea. L’ultimo rapporto europeo sulle politiche dei consumatori 2007-2013 porta la firma della commissaria Melena Kuneva che, mercoledì 9 maggio, ha incontrato gli studenti della Iulm per discutere dell’argomento. Durante il dibattito, organizzato dalla professoressa Anna Bartolini, docente del corso “Tutela del consumatore e diritto dell’informazione”, Kuneva ha illustrato gli obiettivi e le strategie europee in questo campo. Il punto di partenza, come emerge dal documento, è armonizzare e integrare le normative dei ventisette paesi: le leggi nazionali saranno cambiate soltanto se sono meno severe rispetto a quelle internazionali. L’obiettivo è ottenere la fiducia dei consumatori e per farlo è essenziale garantire un livello elevato di protezione contro le minacce e i rischi. E un livello elevato di protezione si raggiunge soltanto se si ha la certezza di poter disporre, in caso di problemi, di efficaci rimedi legali, anche per quanto riguarda il commercio elettronico. Questo tipo di commercio possiede un grande potenziale per migliorare il benessere del consumatore, poiché mette a disposizione una più ampia gamma di prodotti, incrementa la concorrenza sul prezzo e sviluppa nuovi mercati. In particolare esso indebolisce l’effetto della pubblicità tradizionale e dei canali di vendita al dettaglio sui mercati dei consumatori. Il commercio elettronico, quindi, metterà inevitabilmente in discussione le modalità tradizionali di regolamentazione, autoregolamentazione ed attuazione. Le novità, i nuovi mezzi e le nuove opportunità per i consumatori devono comunque assicurare sicurezza sulle transazioni. Per scegliere ed acquistare con sicurezza i fruitori di beni e servizi devono disporre di informazioni accurate e di un mercato trasparente. Ma c’è un problema. Come rilevato dalle associazioni nazionali, sono pochi i consumatori che conoscono i propri diritti. Trasmissioni televisive e campagne stampa negli ultimi anni hanno svolto un compito importante ma non sufficiente. E il budget europeo consente passi limitati. La commissione presieduta da Melena Kuneva, però, continuerà a sostenere le organizzazioni nazionali, soprattutto nei nuovi stati membri, attraverso lo strumento della formazione per dare alle stesse organizzazione capacità essenziali (gestione, lobbying e legislazione dei consumatori). “La forza del movimento dei consumatori a livello nazionale – afferma il documento presentato alla Iulm – è essenziale sia per conferire energia al movimento sia per far funzionare correttamente i mercati nazionali”. L’Unione Europea saprà di essere riuscita nell’intento soltanto se “entro il 2013 potrà dimostrare a tutti i suoi cittadini che è possibile acquistare ovunque nell’Ue, dal negozio al sito web, essendo tutelati con la stessa efficacia contro i rischi costituiti da prodotti pericolosi o operatori disonesti”. Ma l’Unione europea dovrà dimostrare anche a tutti i dettaglianti e soprattutto alle imprese di poter vendere ovunque sulla base di un’unica e semplice serie di regole uguali per tutti. E dunque, in sintesi, sono quattro le priorità dell’agenda europea per i consumatori. La prima ha a che fare con il monitoraggio dei mercati e delle politiche nazionali. La seconda è relativa a una migliore regolamentazione della protezione dei consumatori, la terza con un maggior rispetto delle norme e dei ricorsi e l’ultima con una migliore informazione e una migliore educazione dei consumatori. La sfida è impegnativa e coinvolge tutte le istituzioni nazionali. E’ in prima linea sembrano esserci proprio le università.
sabato 5 maggio 2007
Interviste con il Giallo
Quattro chiacchiere con Tecla Dozio, guru del giallo a Milano
Il giallo racconta la realtà in maniera più fedele degli altri generi?
Il romanzo giallo racconta per definizione una realtà e dunque deve essere ambientato su un territorio reale. Il giallo è romanzo sociale perché è incentrato sul disagio. Adesso c’è ancora di più un carico da novanta sulle spalle dei giallisti perché non esiste quasi più la figura del giornalista di indagine. È anche colpa del flusso di notizie a cui siamo soggetti che incentiva una trattazione superficiale dei temi.
I giallisti usano metodi di indagine giornalistica?
I giallisti seri si documentano. La ricerca vera e propria viene sviluppata soprattutto quando il giallista racconta una realtà che conosce poco. Un esempio è Carlotto in “Il Maestro di nodi”.Una documentazione approfondita sui fatti c’è anche quando il fatto è realmente accaduto. Oppure quando si va indietro negli anni.
Come mai la letteratura non gialla non riesce a raccontare le storie della realtà?
Io non so cosa succede da cinque anni a questa parte. Sicuramente se la gente ha cominciato a preferire i gialli, è anche perché si è stufata di leggere le solite 200 pagine che girano attorno all’ombelico dell’autore. La gente comincia ad essere annoiata dai romanzi che non raccontano vere storie.
Ma i gialli raccontano la realtà?
Spesso i giallisti raccontano argomenti di cui si parla poco e che esplodono, come casi, anni dopo. Alicia Gimeènez-Bartelett, ad esempio, in “Un giorno da cani”, ha ambientato la sua storia nel mondo delle scommesse di cani, perché per caso ha letto su un giornale una notizia breve e ha deciso di farne il centro del proprio romanzo. Due anni dopo è scoppiato il caso.
È successa la stessa cosa a Lucarelli: in “Falange armata” ha ipotizzato che nella banda della uno bianca ci fosse un poliziotto. Neanche la sua fantasia aveva immaginato una banda composta da quattro! Io la penso come Gianni Biondillo, giallista che è ancora più legato al territorio italiano, descrivendo la periferia milanese di Quarto Oggiaro: gli scrittori sono come delle paraboliche che assorbono tutte le notizie e che hanno strumenti diversi da quelli dei lettori per elaborarle e ridarle. E a volte lo scrittore non lo decide neppure coscientemente. Altre volte sì, come nel caso di Carlotto, che sceglie coscientemente di prendere in esame un argomento d’attualità. Può anche capitare che la scrittura costituisca il pretesto per approfondire un argomento d’attualità.
Che differenza c’è tra il lettore che conosce il contesto in cui è ambientato il romanzo e il lettore che non lo conosce?
La differenza esiste, eccome. E’ più facile che un milanese legga un libro ambientato a Milano rispetto a un non milanese; questo perché alla maggior parte delle persone piace leggere qualcosa in cui riconoscersi. Per la stessa ragione i bambini amano sentire sempre la stessa favola. Ma da qui a dire che la riconoscibilità di un contesto sposta in maniera rilevante le vendite….E poi siamo sicuri che la descrizione dei contesti in cui sono ambientate le storie siano realmente fedeli ai contesti reali?
Ma è innegabile che ci siano degli autori - Camilleri è un esempio - che raccontano con fedeltà la propria terra…
Camilleri? Racconta una terra non vivendoci da 50 anni!
Esiste una differenza tra il giallo moderno e quello antico?
Il giallo antico risponde alla domanda chi, quello moderno risponde alla domanda perché. È più importante sapere perché è avvenuto un delitto, piuttosto che sapere chi lo ha commesso. Poi il gioco d’astuzia del protagonista costituisce l’appeal del giallo. Ma molto spesso oggi si usano i meccanismi del giallo per raccontare altro. La vittima da oggetto è diventata soggetto. Quindi, oltre al perché, è importante anche sapere chi era veramente quello che è stato ucciso. Nel giallo antico e cose erano diverse: per Agata Christie il morto era solo il meccanismo per costruire un puzzle, il pretesto per raccontare la storia. Tornando a Lucarelli, le ragioni del successo della trasmissione “Blu Notte” sono proprio da rintracciare nella modernità con cui l’autore tratta le storie: la vittima è soggetto, non oggetto, e le storie vengono raccontate con un grande rispetto per i parenti delle vittime e una rigorosità nel racconto della storia.
Il giallo racconta la realtà in maniera più fedele degli altri generi?
Il romanzo giallo racconta per definizione una realtà e dunque deve essere ambientato su un territorio reale. Il giallo è romanzo sociale perché è incentrato sul disagio. Adesso c’è ancora di più un carico da novanta sulle spalle dei giallisti perché non esiste quasi più la figura del giornalista di indagine. È anche colpa del flusso di notizie a cui siamo soggetti che incentiva una trattazione superficiale dei temi.
I giallisti usano metodi di indagine giornalistica?
I giallisti seri si documentano. La ricerca vera e propria viene sviluppata soprattutto quando il giallista racconta una realtà che conosce poco. Un esempio è Carlotto in “Il Maestro di nodi”.Una documentazione approfondita sui fatti c’è anche quando il fatto è realmente accaduto. Oppure quando si va indietro negli anni.
Come mai la letteratura non gialla non riesce a raccontare le storie della realtà?
Io non so cosa succede da cinque anni a questa parte. Sicuramente se la gente ha cominciato a preferire i gialli, è anche perché si è stufata di leggere le solite 200 pagine che girano attorno all’ombelico dell’autore. La gente comincia ad essere annoiata dai romanzi che non raccontano vere storie.
Ma i gialli raccontano la realtà?
Spesso i giallisti raccontano argomenti di cui si parla poco e che esplodono, come casi, anni dopo. Alicia Gimeènez-Bartelett, ad esempio, in “Un giorno da cani”, ha ambientato la sua storia nel mondo delle scommesse di cani, perché per caso ha letto su un giornale una notizia breve e ha deciso di farne il centro del proprio romanzo. Due anni dopo è scoppiato il caso.
È successa la stessa cosa a Lucarelli: in “Falange armata” ha ipotizzato che nella banda della uno bianca ci fosse un poliziotto. Neanche la sua fantasia aveva immaginato una banda composta da quattro! Io la penso come Gianni Biondillo, giallista che è ancora più legato al territorio italiano, descrivendo la periferia milanese di Quarto Oggiaro: gli scrittori sono come delle paraboliche che assorbono tutte le notizie e che hanno strumenti diversi da quelli dei lettori per elaborarle e ridarle. E a volte lo scrittore non lo decide neppure coscientemente. Altre volte sì, come nel caso di Carlotto, che sceglie coscientemente di prendere in esame un argomento d’attualità. Può anche capitare che la scrittura costituisca il pretesto per approfondire un argomento d’attualità.
Che differenza c’è tra il lettore che conosce il contesto in cui è ambientato il romanzo e il lettore che non lo conosce?
La differenza esiste, eccome. E’ più facile che un milanese legga un libro ambientato a Milano rispetto a un non milanese; questo perché alla maggior parte delle persone piace leggere qualcosa in cui riconoscersi. Per la stessa ragione i bambini amano sentire sempre la stessa favola. Ma da qui a dire che la riconoscibilità di un contesto sposta in maniera rilevante le vendite….E poi siamo sicuri che la descrizione dei contesti in cui sono ambientate le storie siano realmente fedeli ai contesti reali?
Ma è innegabile che ci siano degli autori - Camilleri è un esempio - che raccontano con fedeltà la propria terra…
Camilleri? Racconta una terra non vivendoci da 50 anni!
Esiste una differenza tra il giallo moderno e quello antico?
Il giallo antico risponde alla domanda chi, quello moderno risponde alla domanda perché. È più importante sapere perché è avvenuto un delitto, piuttosto che sapere chi lo ha commesso. Poi il gioco d’astuzia del protagonista costituisce l’appeal del giallo. Ma molto spesso oggi si usano i meccanismi del giallo per raccontare altro. La vittima da oggetto è diventata soggetto. Quindi, oltre al perché, è importante anche sapere chi era veramente quello che è stato ucciso. Nel giallo antico e cose erano diverse: per Agata Christie il morto era solo il meccanismo per costruire un puzzle, il pretesto per raccontare la storia. Tornando a Lucarelli, le ragioni del successo della trasmissione “Blu Notte” sono proprio da rintracciare nella modernità con cui l’autore tratta le storie: la vittima è soggetto, non oggetto, e le storie vengono raccontate con un grande rispetto per i parenti delle vittime e una rigorosità nel racconto della storia.
martedì 1 maggio 2007
Borsa del turismo, in viaggio tra gli stand
Milano non è soltanto passerella. Nella settimana in cui impazzano le sfilate per la presentazione delle collezioni autunno/inverno 2008, il capoluogo lombardo diventa anche la capitale del turismo grazie alla manifestazione turistica per eccellenza: la Borsa Internazionale del turismo (Bit), edizione numero 27. Tante le novità al Bit 2007, come le manifestazioni “Travel &Motion”, dedicata a open air, caravan, campeggio e attrezzature, e “Boat village”, focalizzata sulla nautica da diporto.
“Con oltre 5.000 espositori Bit ha dimostrato di essere, anche quest’anno, il trampolino di lancio per lo sviluppo del sistema turistico italiano; sistema ricco di eccellenze che fanno dell’Italia una destinazione unica al mondo e veicolo di scambi anche culturali”, ha dichiarato Adalberto Corsi, presidente di Expocts. E i numeri confortano: per il turismo del Belpaese si parla di “grande inversione di tendenza”. Dopo 5 anni di flessione, cresce infatti il numero dei visitatori: più 10% nel 2006 rispetto al 2005, secondo le rilevazioni del Touring Club. L'indagine conclude che nel 2005 in Italia si sono registrati oltre 88 milioni di arrivi e 355 milioni di presenze, di cui piu' del 40% straniere. Per arrivi internazionali l'Italia si conferma quinta al mondo (36,5 mln), mentre e' quarta per entrate: 35,4 miliardi di dollari. La crescita italiana, tuttavia, è ben poca cosa rispetto a quella cinese, talmente forte (più 40% nel biennio 2003-2004 per Hong Kong) da scavalcare proprio il Belpaese per collocarsi al quarto posto. Questa, tuttavia, non è una novità. Già un’indagine nel 2004 del Wto, World Trade Organisation, aveva segnalato la forte crescita nel mercato del turismo dell’Estremo Oriente che occupa una quota di mercato superiore di due punti di percentuale rispetto all’Italia. Il dato economico configge con quello sulla visibilità mediatica che vede l’Italia in una posizione di primo piano. E’ quanto emerge dai dati raccolti da Klaus Davi & Co. per BitLab 2007 che hanno monitorato la visibilità del nostro paese come destinazione turistica sulla stampa internazionale. L’indice quantitativo, calcolato considerando il numero di citazioni che un’ampia selezione di testate internazionali ha dedicato alle dieci più importanti destinazioni, colloca l’Italia al primo posto con quasi il 20% delle citazioni complessive. E con un distacco di oltre dieci punti dalla Spagna, ferma soltanto al 9, ma seconda nella classifica internazionale dei paesi per numero di arrivi. Quindi, se si tratta di scrivere, i giornalisti stranieri continuano a preferire, sempre più, il Belpaese. Cresce, infatti, del 51%, il numero di articoli dedicati all’Italia, che passano da circa 7mila nel periodo gennaio 2005 - gennaio 2006 a quasi 11mila tra febbraio 2006 e gennaio 2007. (da Lab.iulm)
“Con oltre 5.000 espositori Bit ha dimostrato di essere, anche quest’anno, il trampolino di lancio per lo sviluppo del sistema turistico italiano; sistema ricco di eccellenze che fanno dell’Italia una destinazione unica al mondo e veicolo di scambi anche culturali”, ha dichiarato Adalberto Corsi, presidente di Expocts. E i numeri confortano: per il turismo del Belpaese si parla di “grande inversione di tendenza”. Dopo 5 anni di flessione, cresce infatti il numero dei visitatori: più 10% nel 2006 rispetto al 2005, secondo le rilevazioni del Touring Club. L'indagine conclude che nel 2005 in Italia si sono registrati oltre 88 milioni di arrivi e 355 milioni di presenze, di cui piu' del 40% straniere. Per arrivi internazionali l'Italia si conferma quinta al mondo (36,5 mln), mentre e' quarta per entrate: 35,4 miliardi di dollari. La crescita italiana, tuttavia, è ben poca cosa rispetto a quella cinese, talmente forte (più 40% nel biennio 2003-2004 per Hong Kong) da scavalcare proprio il Belpaese per collocarsi al quarto posto. Questa, tuttavia, non è una novità. Già un’indagine nel 2004 del Wto, World Trade Organisation, aveva segnalato la forte crescita nel mercato del turismo dell’Estremo Oriente che occupa una quota di mercato superiore di due punti di percentuale rispetto all’Italia. Il dato economico configge con quello sulla visibilità mediatica che vede l’Italia in una posizione di primo piano. E’ quanto emerge dai dati raccolti da Klaus Davi & Co. per BitLab 2007 che hanno monitorato la visibilità del nostro paese come destinazione turistica sulla stampa internazionale. L’indice quantitativo, calcolato considerando il numero di citazioni che un’ampia selezione di testate internazionali ha dedicato alle dieci più importanti destinazioni, colloca l’Italia al primo posto con quasi il 20% delle citazioni complessive. E con un distacco di oltre dieci punti dalla Spagna, ferma soltanto al 9, ma seconda nella classifica internazionale dei paesi per numero di arrivi. Quindi, se si tratta di scrivere, i giornalisti stranieri continuano a preferire, sempre più, il Belpaese. Cresce, infatti, del 51%, il numero di articoli dedicati all’Italia, che passano da circa 7mila nel periodo gennaio 2005 - gennaio 2006 a quasi 11mila tra febbraio 2006 e gennaio 2007. (da Lab.iulm)
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