Aveva 33 anni Tonin, detto Tony, quando dall'Albania è sbarcato a Molfetta. Era il 1996.
Tony ha messo a nuovo la casa dove abito ora, due stanze, un bagno e una cucina. Racconta spesso del suo passato, tra un lavoretto e un'altro. Vive così, e così ha iniziato.
Era solo Tonin, con il suo coraggio in mano e con la speranza nel cuore in quel lontano luglio del '96. Voleva vivere come un italiano normale a Milano, un italiano con la sua famiglia, la moglie e due figli e con delle cose da raccontare, a volte orgoglioso, a chi gli chiede qualcosa della sua vita. Tonin ha gli occhi sorridenti, fa battute sulle sue giovani amiche italiane, qualche volta con un caffè in mano, aspettando che il silicone attacchi o che la vernice si asciughi. Oggi Tonin ha riso del mio blog. "Se non sono giornali, non valgono", ha detto con il suo italiano imperfetto ma senza accento. Tonin non usa Internet, non sa come funziona ma è un alleato prezioso nella gestione della casa, dalle porte ai fili dove passano tutti questi bit. Sua moglie, Lendina, non lavora e così lui fa più mestieri. Di giorno operaio in un'azienda della zona, di sera e nei fine settimana a servizio della proprietaria del nostro stabile. E' stato fortunato quando è arrivato in Italia. Sbarcato in Puglia ha preso un direttissimo per Milano e qui ha incontrato don Roberto Rondanini. Ha lavorato a lungo per lui: "Ci dava più di centomila lire al giorno per fare i lavori e mi ha trovato una casa". Poi Tony ha imbiancato una villetta, offrendo le sue mani albanesi a metà prezzo ed ha conosciuto nuovi clienti. "A me non importa - mi racconta- se mi pagano di meno rispetto ad un italiano. Noi siamo la manovalanza, lavoriamo bene e non ci lamentiamo". Mentre parla mi viene in mente uno dei libri di Giannantonio Stella che ho letto lo scorso inverno dal titolo "L'orda. Quando gli albanesi eravamo noi". Un libro che dice molto sulla capacità di adattamento di un popolo che ha traversato gli oceani con la forza della speranza e con il desiderio di una vita migliore. Che all'inizio è stata una vita da schiavi, senza soldi, i vestiti sudici e gli occhi stanchi. Ma Tonin non rappresenta l'emigrato italiano di tanti anni fa. I tempi cambiano e anche le democrazie. Tonin ha già ottenuto quello che voleva. Con rispetto. Lavorando. Anche se con lo sconto perenne.
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