giovedì 15 marzo 2007

Laura ed Emina, la "normalità" in una roulotte

Laura accende un'altra sigaretta, una Marlboro rossa. E' la terza in mezz'ora. Aspira sorridendo. Ha i denti storti ma lunghe mani curate, una pinza raccoglie i capelli scuri sulla nuca. Si siede sul letto, nella sua casa, una roulotte vecchia, piccola e scomoda. Prepara il caffè per gli ospiti appena arrivati, caffè turco che rovescia in una tazzina di ceramica. Ha freddo. Il sole su Rho è andato via per lasciare spazio all'umidità che viene fuori dalle pozzanghere. Specchi di acqua marrone, che macchiano le scarpe, spuntano dappertutto nel campo, ma nessuno sembra farci caso. Fuori c'è un vecchio divano con tappezzeria rossa e due poltrone. Laura e sua cugina Emina passano lì le loro giornate fatte di chiacchiere, qualche passeggiata se il tempo permette e televisione. Uno schermo piatto (un modello Amstrad, 20 pollici) spunta dalla "zona notte": due letti separati riservati a mamma e papà. Lei ha più di cinquant'anni, ma ne dimostra quasi settanta. Ha i capelli bianchi, disordinatamente raccolti in una coda, una felpa stile Nike e una lunga gonna blu informe che nasconde le scarpe rotte, modello maschile. Il suo è uno sguardo severo. Si capisce che nel campo è una figura importante. Che decide, per sé, per gli altri, soprattutto per la figlia e lo fa capire chiaramente. Laura "non può uscire la sera", Laura "non è il tempo di fidanzati", Laura "che si annoia tanto a Rho e le piacerebbe andare a ballare, ma è troppo piccola".
Laura prende le foto, tutte raccolte in un angolo della roulotte, accanto alla statuina della Madonna. Racconta del matrimonio di una delle sue tante cugine, una ragazza dal viso angelico e con un corpo perfetto ma racchiuso in un dozzinale vestito bianco. Sembra una bambina il giorno della prima comunione, mentre è già sposa. Lei, invece, non ha fretta. Accende un'altra sigaretta e dice: "Gli uomini devono meritarmi". Poi scoppia a ridere. L'ingenuità di una quindicenne. "Ma il 22 maggio farò sedici anni", tiene a precisare. Sedici anni è l'età di Emina, occhi a mandorla, capelli castano scuro, una lunga gonna di jeans. E niente calze. Prende una piccola stufa, nascosta in fondo alla roulotte. La bombola del gas viene lasciata fuori durante la notte. Il rogo di Caserta che ha dato l'addio ad una giovanissima coppia di neosposi, qualche settimana fa, non si dimentica facilmente.
Poi c'è Petra (è un ragazzo). Ha diciassette anni, i capelli biondi, gli occhi azzurri e un pesce d'oro al collo. E il suo portafortuna. Lo aveva da bambino, lo ha adesso che gioca a fare l'uomo adulto. Con in tasca due cellulari. Appena entra in casa li poggia in bella mostra sul tavolino, accanto alle tazze di caffè fumante. Accende anche lui una Marlboro e si siede di fronte agli ospiti. Petra è in giro dalla mattina con il padre, un musicista che lavora insieme ai volontari dell'Opera Nomadi, un uomo distinto che si presenta in giacca e cravatta. Ha la pelle olivastra, i tratti comuni alla sua etnia. Guida una Lancia Thema vecchio modello, verde metallizzato, interno in pelle chiara. Organizza concerti in tutta Italia. Martedì sarà a Legnano, venerdì a Pisa. E' un po' sordo, il "boss", ma con la fisarmonica - assicura la famiglia - è un genio.
Anche Petra suona. Il suo strumento è sotto il letto, coperto dalle lenzuola. Petra racconta delle zanzare in Germania. Cinque anni in un posto diverso, in un altro campo nomadi. Quello non era di proprietà, mentre l'area dove vivono ora, alla periferia di Rho, è stata venduta loro da un contadino, due anni fa. In Italia sono da quasi un decennio. Hanno viaggiato molto, soprattutto i genitori. Le ragazzine sono nate qui. Parlano quattro lingue: italiano, inglese, tedesco (francese per Emina) e rom, ma questo non le aiuta a trovare un lavoro che non sembrano neanche cercare. Hanno finito le scuole dell'obbligo e nessuno le ha mai invogliate ad andare avanti. Così il loro futuro non sarà diverso da tante altre donne rom: vivere in un campo e occuparsi della famiglia, "quando troveranno un bravo giovane", dice la mamma di Laura. Petra invece inizierà a lavorare. "Maurizio (Pagani, il vice presidente dell'Opera Nomadi di Milano, ndr) mi sta aiutando a trovare un lavoro". Non ha preferenze e dice: "Va bene qualsiasi cosa. Ora sono tutto il giorno senza fare nulla. Passo il mio tempo davanti alla Playstation".
Sembrano tutti un po' annoiati. Si capisce che a volte le giornate sono troppo lunghe. Allora, come tanti coetanei italiani, si aiutano con la tecnologia. Di quello che succede nel mondo sono informati, anche se in giro, nella vecchia roulotte, non ci sono né giornali né libri. Giocano con il cellulare (ma non ricordano il numero a memoria), scherzano davanti allo schermo della tv e prendono in giro la mamma. Per lei il caffè non è mai abbastanza forte. Spesso diventa la scusa per fumare l'ennesima sigaretta. Anche per Laura. Mai però davanti al papà. "Ho vergogna", dice. Il fratello (ne ha un altro che non è in Italia) si lamenta: "E' lei che mi ha insegnato a fumare. Ha iniziato a nove anni". E' precoce e sveglia la ragazza, anche se sembra mancarle un vero obiettivo. Lo puoi leggere nei suoi occhi scuri. Qualcosa che vada ben oltre venti metri quadrati di roulotte.